mercoledì, marzo 28, 2007

Fuoco




Fremantle.
Dal centro di questa magica citta'.

Con il Grand Hotel che esala l'ultimo respiro.
Bruciando.
Illuminando di fiamme un cielo che sta per tramontare.
Il canto del cigno nell'ultimo disperato tentativo di stupire.
Che ci vorrebbe Paolo Conte.
Che ti canta di una milonga di Buenos Aires.
Scene al rallentatore di pompieri con le loro autopompe.
Come a pisciare nell' Oceano.
Che solo le sirene ti riportano alla realta'.



E poi il calore.
E' la prima volta che assisto ad un vero incendio.
E' incredibile.
Inizi a sentirne il caldo a cento metri di distanza.
Un caldo vero.
Di quelli che ti bruciano gli occhi.
Come se fossi seduto di fronte a un falo' in una stanza troppo piccola.

E poi il crollo.
L'Hotel che implode.
Divorato da un buco nero che si porta dentro.
Lasciando intatte solo le mura esterne.
Perfettamente conservate.



E le facce dei bambini che guardano il Fuoco.
E' una di quelle cose senza prezzo.
Che per i prossimi tre anni sogneranno di diventare pompieri.

Stay tuned.
Che chi non viene sul blog e' Grisu'.

Il giorno e la notte


L' Old Fire Station di notte

Fremantle.
Old Fire Station.

Altro giro di giostra.
Lavoro in ostello.
Night Manager.
Che detto cosi' sembra pure serio.
Lavoro di quelli che ti cambiano i ritmi biologici.
Che di notte bisogna rimettere a letto quelli che ci sono andati giu' pesanti.
Con la birra.
E quando ci sono in giro gli Irlandesi diventa la norma.
Che ci mancherebbe che ti chiedono di raccontargli una storia prima di addormentarsi.

Pochi gli imprevisti per fortuna.
Un solo blackout.
Una notte intera senza corrente.
Che poi se ci pensi sei pure fortunato.
Che di notte la luce ti serve solo se devi andare in bagno.
Per tutto il resto invece il buio diventa alleato importante.

E poi un paio di serate high.
Dove alcuni pensavano di volare.
E si lanciavano dal tetto per raggiungere il dormitorio delle ragazze.
Scena di altri tempi.
Il ratto delle Sabine.
L'assedio alla cittadella.
E le ragazze per prottegere il loro rifugio rovesciavano pentoloni di olio bollente sulle teste degli invasori.

Giorni di partenze e nuovi arrivi.
Storie che si incrociano.
Eoin e Sara.
Che si sono conosciuti qui dentro.
E ora vanno a vivere assieme in Inghilterra.
In attesa del magico visto che gli permetta di trasferirsi a Fremantle.

E il clan italia che si allarga piano piano.
Nove mesi fa ero da solo.
Adesso siamo in nove.
La cosa bella e' che Mark, un ragazzo inglese, si e' fatto spedire da sua madre le cassette per imparare a parlare in Italiano.
E quando Cero ed Elia cucinano e' quasi uno show.
Olio di Oliva.
Sempre sia lodato.

Giorni di allenamento a Ping Pong.
Che qui e' quasi una religione.
Ogni mese c'e' il torneo.
Con premi ricchissimi.
Ma la cosa importante e' il trofeo.
Dove viene marchiato a fuoco il nome di ogni vincitore.
Con Big Richard (quello vestito da Obelix) che ha vinto l'edizione di Febbraio.
E va fatto cadere dalla montagna.

E poi...
Colonna sonora di giorni felici.
I Fletwood Mac.
Gli ottanta che tornano magicamente a vivere.
Da rispolverare le converse.

mercoledì, marzo 21, 2007

L'ebbro peso del vino


Notti inaspettate

Storie di notti inaspettate.
Dispersi nel buio di Margaret River.
Che buio non e' buio con una luna piena.
Che viene su a ad andamento lento.
Passo blando.
Dalle colline all'orizzonte.

Finito il lavoro.
Finito il tetto e finita la casa.
Con piacevoli sorprese.
Alex.
Il manager dell'Old Fire Station.
Mi chiama per dirmi che sta per passare il week end a Margaret River in compagnia di Stephanie.
Amica storica dei primi giorni australiani.
E l'incontrarsi diventa dovere.

Passiamo la notte sulle colline.
Nella proprieta' di Curt.
Un avvocato di Perth che e' anche il padre del migliore amico di Alex.
Che si e' costruito una casa faraonica nel mezzo del nulla.
E le ha dato un nome.
Vera Cruz.
Che il nome alle cose e' un modo per darle pure un'anima.


Il portico di Vera cruz


Vera cruz

Grigliata sotto le stelle.
E doccia.
Direttamente dal pentolone.
A piedi nudi in mezzo ai campi.
Con il rumore della tempesta di onde.
Di quell'oceano incazzato che e' a pochi chilometri.

E gli incontri, in una terra dove le centinaia di chilometri di distanza sono la norma, diventano speciali.
Quasi rituali.
Con bicchieri di vino a fare da testimoni.
Strorie di locande in mezzo al nulla.
Che nell'universo fisico fatto di coordinate geografiche non dovrebbero essere.
A volte pero' le coordinate non sono tutto.
A volte il ricordo di un posto visitato da bambino ti riporta a piacevoli sorprese.
E cosi', guidati da Curt, arriviamo alle cantine Treeton Estate.


La coppia

Dove il marketing non e' ancora arrivato.
O meglio.
Vive nella sua massima manifestazione.
Quella della genuina passione per un prodotto.
Che i due proprietari nelle vene non hanno il sangue.
Hanno fiumi di Cabernet nelle arterie.
Che si trasforma in Shiraz ad ogni boccata di respiro.
Ossidazione a modo loro.

Lei.
La donna della Guadalupa.
Con il sorriso che non finisce mai.
Quello del made in Caraibi.
Che di chili ne fa poco meno di cento.
Ma quando balla con Bacco a fare da orchestrante vola leggera come la piuma di Forrest Gump.


Il gigante buono

Lui.
Il genio.
Il mastro piu' lindo di tutti i detersivi.
Duecento chili.
Da non poter smettere di guardarlo.
Da non poter smettere di ascoltarlo.
Sa tutto.
La solitudine della campagna australiana lo ha portato a leggere tutto.
Ti piazza un monologo sulle imprese di Annibale e dopo due secondi allaccia il tutto alla bufala dei prodotti biologici.
Che anche in australia.
Purtroppo e' questione di chi paga per avere il marchio.
Ma poco importa.

La cosa tremenda e' che i tre litri quotidiani di vino portano ad interpretazioni storiche originalissime.
Da scriverne libri.
Raccontati con un tono monocorde.
Un LA bassissimo che non varia per ore.
Con battute esilaranti che ti fanno piegare.
Ma lui non ti da il tempo.
La sinfonia continua.
Passiamo quasi un'ora a discutere del fatto che io non posso essere italiano.
In quanto gli ricordo un torero incontrato trent'anni prima durante il suo viaggio in spagna.
Dice di non offendermi se da quel momento in poi iniziera' a chiamarmi Ricardo The Famous Spanish Bullfighter of Barcelona.
Nome completo ogni volta che mi chiede se voglio del vino.
Dice di non amare le abbreviazioni.

E poi la scena perfetta.
L'epifania.
L'illuminazione.
Una di quelle cose che fara' a pugni con poche altre scene della mia vita.
Per assicurarsi l'ultimo ricordo in punto di morte.

Che ci vorrebbe Nando Martellini a farne la teleradiocronaca.
Dieci volte campioni del mondo.
Immaginatevi l'uomo gigante.
La faccia piu' gonfia delle mongolfiere Nepalesi.
Il rosso del naso piu' rosso della terra di Siena.
Che vi parla.
Che i bicchieri di vino non riesci nemmeno piu' a contarli.
Litri di vino che diventano chili.
Sommati ad altri chili.
Che il corpo gli si gonfia ad ogni trangugiata.
La metamorfosi e' inarrestabile.
Sei li' che aspetti che dopo un esplosione si trasformi in una farfalla e se ne voli via.
E questo si chiamerebbe Fellini.
Invece.
Sai che qualcosa di strano sta per accadere.
E il tuo cervello e' troppo avido di fotografie.
Mette il rallentatore.
Effetto matrix.
Diventi il testimone privilegiato di una scena che nel mondo reale dura un millisecondo.
E invece vuoi il vino, vuoi la magia degli eventi, si dilata.
Diventa infinita.

L'ultimo bicchiere sta per essere terminato.
Una goccia di Shiraz gli schizza dalla fessura tra i due incisivi andando a macchiare la maglietta.
Il caldo gli fa sudare la fronte.
Sembra una fontana.
Eccesso di polifenoli nel sangue.
Respiri tanninici.
Riverberi dal diaframma.
Che vanno a congestionarsi alla bocca dello stomaco.
E quando tenti di comprimere un pallone aereostatico gli effetti sono aime' talvolta prevedibili.
In un caso di variabili entro la media un Nostradamus moderno potrebbe facilmente prevedere un emissione d'aria dalle fauci comunemente chiamata "rutto".
Lo stesso che per i neonati e' definito teneramente "ruttino".
Ma per lui.
Per questa creatura geniale divertente e orchesca no.
No.
Cio' che ne esce e' una compressione di aria dalle dimensioni titaniche.
Ciclopica.
Pantagruelica.
Giganti incatenati nella fornace di un vulcano.
L'espansione vettoriale della bonbardata nucleare che gli riverbera dai meandri del corpo e' assolutamente anti fisica.
Contro ogni legge scolastica e libresco liceale.
L'esplosione dovuta da una remota implosione si dirama in orizzontale e in verticale.
Spirali della danza di un derviscio.
Orgasmo di natura bestiale.
E le gambe della sedia iniziano a scricchiolare.
E' la faglia di sant' Andrea che sta schiacciando il proprio pacco sul fondoschiena della signorina Tijuana.
Alle porte del messico.
Tettonica a zolle.
E l'eccitazione e' troppa.
La sedia esplode.
Polverizzata.
Nebulizzata.
E lui.
Il genio.
Si ritrova sospeso nell'aere.
Poesia dantesca.
La levitazione del gigante.
E non e' un'allucinazione.
L'espressione che ne deriva e' quella di Willie il Coyote prima di precipitare giu' dal canyon.

Il congedo e' quasi commovente.
Il volo interminabile.
La testa che si piega all'indietro.
Il bacino va incarpiendosi.
Le braccia iniziano a volteggiare.
Remando cercando l'attrito dell'aria calda e umida.
Cio' che sta accadendo e' epico.
E' il baricentro del terremoto.
Una nonna copre gli occhi del nipotino.
Visione traumatica.

E il tonfo.
Profondo.
Buio.
Infinito.
Gandalf che abbandona la compagnia dell'Anello.
Nella fossa insieme al Balrog.
La madre di tutte le cadute.


La caduta degli dei

E l'illuminazione finale e' li' davanti a te.
Sei stato spettatore involontario di uno di quegli eventi che ha cambiato il nostro tempo.
Per scoprire la gravita' Newton venne illuminato dalla mela che gli cadde in testa.
Invece la caduta del gigante buono (non in testa perche' se no muori) ti porta ad una scoperta ancora piu' importante.

Che.
Quaranta bicchieri di vino.
Pesano piu' di uno soltanto.

Stay tuned.
Che chi non viene sul blog e' Ricardo the famous spanish bullfighter of Barcelona.

Varie da Vera Cruz


Vera Cruz


Alex


Stephanie versione lavandaia. (notare la birra alle otto di mattino...)